Lavinia Roncoroni
Opera 1^ classificata
L’ombra di lui
Serenamente assente, lasciava tracce:
fogli scritti, matite, mozziconi spenti
e luci istantanee di una memoria
fresca di vento salmastro.
Avvolta di fumo,
sedeva alla scrivania,
con gli occhiali scesi,
l’ombra di lui:
un’eco soffusa del vero.
Chissà dove,
un paese di mare
(il suo paese, o forse un sogno),
un ragazzino dagli occhi chiari,
lucidi di sale e d’avventura.
Roberto Del Duce
Opera 2^ classificata
diventerà una spiaggia
questo tuo immenso non so che
e tutte le conchiglie
di cui sei capace
mi saranno case
e questa tua bellezza
non dirmi che non sai
di questa bellezza
che divaria colori
non finisce la bellezza
cui appartieni
e sta immensa sopra ogni cielo
oltre ogni terra
come se a innamorarsi
s’illimitasse il pensiero
e s’aprisse l’eterno
Alessio Iovino
Opera 3^ classificata
Una malata
Credi di andare così lontano
sei al di sopra di ogni riflessione
pallida nel tuo letto
ad aspettare
qualche strana forma di resurrezione.
Le infermiere camminano a precipizio
lungo il corridoio
di notte ti tengono sveglia
non sopporti l’odore dei medicinali.
Vorresti alzarti in volo
e quasi ce la fai
se qualcuno ti stringe le mani.
Luca Ciaffoni
Opera 4^ classificata
L’ombrello bianco
Et ensuite je verserai tout, io, che non parlo francese.
Verserò tutto questo in un bicchiere
per rovesciartelo sugli occhi, madame,
mentre la peluria delle braccai mi si arriccia,
e vento e polvere del tuo regno mi graffiano gli occhi.
Il cielo si sfalda in rigagnoli di imbarazzo
mentre osservo la felicità che porti in tasca rotolare dentro il mio piatto,
e la tristezza si adagia felina e viziata sulle mie ginocchia
poiché non ho battaglie o cavalli bugiardi, dolce elena improvvisa,
non ho bellezza o meraviglie con cui rapirti,
soltanto frasi accatastate in una tazzina di caffè.
Eppure risorgerò, io, che non parlo francese,
straccerò la maschera dei perché che ci imbruttisce,
e raccolto l’ombrello bianco vivremo i giorni oltre questo tavolo
in regni diversi, comunque insieme, semplicemente noi.
Fortunato Giovanni Di Marco
Opera 5^ classificata
Santa Margherita Ligure
Santa Margherita
con acqua e vento
nel tuo mare di luci
l’aria sembra nuova stasera.
Nell’avvolgersi delle onde
si mescolano ricordi,
visi, luoghi, sospiri
che vanno a morire laggiù
con le nubi e le barche
mentre qualche pescatore
torna stanco come me
alla sua casa colorata.
Andrea de Martino
Opera 6^ classificata
Sogno
Al tavolo accanto
parlavi d’inezie
e mi vincevi
Lievi ed esatti
i tuoi gesti
dissetavano lontani
Nell’aria
eco i respiri
di scordate visioni
Io, pagliaccio senza trucco
a divertire invisibili schiere
Filippo Giordano
Opera 7^ classificata
Telefono
(Sotto il cielo di Meucci)
Borgo tranquillo, estate, ore ventuno:
dopocena la ragazza scende lieve
da Via Roma, affusolata
bronzea e luminosa come raggio
solare apparso da penombre,
aggrappata al suo telefonino.
“Mi venite incontro?” chiede
interrogando un punto indefinito
d’una strada, pub, piazza o forse bar
e luccica serena alla risposta.
Anche per gli angeli, il telefono, dunque,
è novello tempio del conforto umano
Giovanni Buccellato
Opera 8^ classificata
Lacrime
Tu non dovresti ridere quando io scrivo la disperazione
e non perché vorrei nel cielo scintillassero le tue lacrime
ma solo per passione
verso ch’inaridito: sciama nell’infinito morso del silenzio.
Tu! non mi dovresti regalare le tue braccia chiuse
e neanche la tua gioia voglio
neppure la tua carne
neppure i tuoi silenzi.
Ma forse io indecente come sono
vaneggio l’Alba che m’indora il giorno;
e non lo vedo il fondo di questo mare aperto
rinchiuso come sono in questo viaggio fermo.
Ma tu, che quando io ti penso sei senza fiato:
cosa ne sai degli stupidi che ridono?
degli stupidi che ridono e non sanno
che quando la poesia sarà morta, l’umanità sarà distrutta.
Claudia Cefalì
Opera 9^ classificata
La Noia
Un raggio di sole così tenue
che le pupille si dilatano appena.
Un vaso di terracotta arido e scialbo,
crepe lunghe e verticali
ne disegnano l’espressione.
Quel sapore amaro d’inverno
si sente respirando l’umidità delle foglie
che cominciano a scivolare come le pagine di un calendario.
Quella soffocata staticità di ogni momento
rende frustrante il rumore delle lancette,
ticchettio monotono, ormai assimilato.
Soltanto gli abeti rimangono verdi,
ma di un verde spento e inodore.
È come vivere sempre nella stessa minuscola gabbia,
aspettando con ansia un istante di libertà,
che poi ci spaventa.
Manuel Santini
Opera 10^ classificata
Certi giorni sul treno
Certi giorni sul treno
non hai niente da fare
non c‘è ancora la luna, non c‘è ombra sul mare.
L’orologio è lento
ti viene da sbadigliare
e stringi forte le mani.
E dall’alto le case sono tutte uguali
iniziano ad accendersi i lampioni
c‘è qualcuno che dorme
qualcun altro che scrive sopra un pezzo di carta.
Qualcuno legge il giornale.
Il paese là fuori
non mi vedrà passare,
si sveglieranno le persone
appena arriverà il mattino.
È già un po’ che mi appoggio al sedile,
guardo il paesaggio dal finestrino.